Stellantis, la crisi dei chip “ferma” gli impianti italiani

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Stellantis Stellantis, la crisi dei chip “ferma” gli impianti italiani

La buona notizia è che lunedì 11 ottobre, al Mise, ci sarà il tanto atteso incontro con i vertici di Stellantis; quella cattiva è che la mancanza dei semiconduttori, ancora più pesante nel terzo trimestre del 2021, sta determinando una situazione produttiva peggiore del lockdown 2020.È quanto emerge dal terzo report trimestrale 2021 su produzione e occupazione del gruppo Stellantis presentato questa mattina dalla Fim nazionale nel corso di una videoconferenza stampa alla quale hanno partecipato il segretario nazionale Fim-Cisl responsabile del settore automotive, Ferdinando Uliano, e il segretario generale Fim Torino-Canavese, Davide Provenzano. I dati della produzione di auto e furgoni commerciali – che nei primi nove mesi del 2021 segnano una crescita del +14,2% rispetto al 2020 (528.277 unità contro 462.404) – comparati con il periodo pre-covid del 2019, in cui sono stati costruiti 631.200 veicoli, evidenziano un calo del 16,3%.  Per la prima volta, dopo dodici anni, risultano negativi anche i dati sulla produzione dei veicoli commerciali.

Per la Fim, l’effetto è in gran parte riconducibile allo stop nelle produzioni determinato dalla mancanza dei semiconduttori. La sofferenza riscontrata nei primi 6 mesi del 2021, si è aggravata nell’ultimo trimestre causando numerosi blocchi produttivi. L’unico stabilimento che non subisce fermate nell’ultimo trimestre è il polo produttivo torinese.  La produzione della 500e non può del resto fermarsi per i vincoli sul Co2 e per evitare sanzioni molto salate. La situazione è invece pesante negli stabilimenti di Cassino, Pomigliano e Melfi. Negli ultimi tre mesi su circa 50 giorni potenziali di lavoro, solo il Polo Torinese e Maserati Modena non hanno subito fermate. Per gli altri stabilimenti si riducono i turni e le giornate lavorative utilizzando la Cig. Cassino fa segnare  -38% di giorni lavorati, Pomigliano -70% e  Melfi -54%. Anche Sevel, passata indenne nel primo semestre, si ritrova con una riduzione delle giornate lavorative nel trimestre del 28%.

Uliano e ProvenzanoLa preoccupazione maggiore è determinata dal fatto che il blocco si è concentrato pesantemente nel mese di settembre e le previsioni parlano di una situazione che si trascinerà per tutto il primo semestre del 2022. Emblematica la situazione di Melfi che per settembre e ottobre 2021 lavorerà 7 giorni ogni mese. Vista la situazione, è certo che non si raggiungeranno nemmeno i 712.000 veicoli dell’anno della pandemia e del lockdown. “È necessario che nell’incontro di lunedì 11 ottobre al Mise – ha spiegato il segretario nazionale Fim, Ferdinando Uliano – che abbiamo ottenuto dopo forti pressioni della Fim-Cisl e delle altre organizzazioni sindacali, Stellantis assicuri e garantisca il completamento dei 5,5 miliardi di investimenti previsti nel piano industriale di FCA per il periodo 2019-2021. Come Fim Cisl riteniamo importante il ruolo che il governo italiano può svolgere, sia in termini di garanzie, ma soprattutto per le scelte di sostenibilità sociale strettamente correlate alla transizione ecologica verso le motorizzazione più green, alla connettività, alla guida autonoma, che caratterizzeranno il futuro del settore automotive e quindi del maggior produttore presente nel nostro Paese”.

Per la Fim-Cisl è fondamentale, nel confronto che si apre con il gruppo Stellantis, comprendere le strategie rispetto alle altre fabbriche che producono i motori endotermici. “Abbiamo  davanti a noi – conclude Uliano – poco tempo rispetto all’interruzione delle motorizzazioni diesel e benzina previste in Europa nel 2035. La transizione ecologica è importate, ma deve essere accompagnata da una sostenibilità sociale che non può prevedere licenziamenti, ma reindustrializzazioni e riqualificazioni, e questo riguarda sia Stellantis che il settore automotive”. (Da Conquiste del Lavoro di sabato 9 ottobre 2021)

Rocco Zagaria

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