Foodora: sentenza a Torino respinge il ricorso di sei rider sospesi dopo aver protestato contro le loro condizioni di lavoro

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rider foodora Foodora: sentenza a Torino respinge il ricorso di sei rider sospesi dopo aver protestato contro le loro condizioni di lavoro

I legali dei fattorini in bicicletta di Foodora promettono battaglia, per la segretaria Cisl Furlan: “occorre aprire confronto con azienda per tutelare lavoratori tra i più deboli”, per il segretario generale aggiunto Cisl Sbarra: “Vanno introdotte norme che definiscano il perimetro giuridico”.

Restano ‘a piedi’ i rider che, sospesi dopo avere protestato contro le loro condizioni di lavoro, avevano fatto causa a Foodora. Il ricorso dei fattorini in bicicletta, che puntava al riconoscimento di un rapporto di subordinazione con la multinazionale tedesca del cibo a domicilio, è stato respinto dal tribunale di Torino, dove era stata intentata la prima azione legale del genere in Italia. Ma non finisce qui, perché i loro avvocati annunciano l’intenzione di appellarsi alla sentenza, mentre i sindacati chiedono un nuovo confronto con l’azienda. La decisione dei giudici arriva nel tardo pomeriggio di mercoledì 11 aprile, in un’aula del Palagiustizia gremita di fattorini, giovani e meno giovani, che ogni giorno attraversano in bici le principali città italiane, vestiti di rosa, per recapitare il cibo prenotato dai clienti attraverso l’apposita app.

Nel 2016 avevano incrociato le braccia per chiedere migliori condizioni di lavoro e retribuzioni. Per sei di loro, dopo essere scesi in piazza, l’azienda aveva deciso all’improvviso di interrompere ogni rapporto. “I rider di Foodora erano sfruttati, monitorati dall’azienda in ogni loro mossa. E chi si è lamentato è stato espulso”, hanno sostenuto in aula gli avvocati Giulia Druetta e Sergio Bonetto, convinti che “il loro rapporto con l’azienda avesse le caratteristiche del lavoro subordinato benché fossero inquadrati come collaboratori autonomi”. E che quella app, per i loro assistiti, fosse “una sorta di braccialetto elettronico”. Il legale ha citato il caso di un fattorino a cui è stato negato di interrompere il turno nonostante avesse molto male alle gambe. “Ci servono tutti i rider”, è stata la risposta dell’azienda secondo il difensore. E a un fattorino che aveva segnalato di aver rotto il copertone – sempre secondo il racconto dei legali, la risposta dei datori di lavoro era stata: “non riesci a pedalare anche con il copertone bucato?”. “Non c’è stato alcun rapporto di subordinazione”, hanno invece replicato gli avvocati di Foodora, Ornella Girgenti, Paolo Tosi e Giovanni Realmonte.

“Erano i rider a decidere quanto e quando dare disponibilità e l’azienda non si è mai vincolata a far lavorare”, hanno ancora affermando, sostenendo che la causa trattava in realtà “la situazione specifica di sei ricorrenti”. E che da allora “sono cambiate molte cose nell’azienda”. La sentenza è destinata ad alimentare nuove polemiche. Per la segretaria generale della Cisl, Annamaria Furlan: “La controversa sentenza emessa dal Tribunale di Torino in merito ai lavoratori di Foodora, definiti quali collaboratori autonomi, impone una seria riflessione sulla reale condizione di migliaia di donne e di uomini che, al di là dell’inquadramento giuridico, prestano la loro attività in condizioni precarie dal punto di vista retributivo e di protezione sociale. Diventa non più rinviabile l’avvio di un’intensa stagione di contrattazione anche per questi lavori, per assicurare tutele e compensi adeguati. Noi siamo già impegnati con la nostra categoria la Felsa Cisl a dare una risposta per queste tipologie di lavoro. Per questo riteniamo necessario intraprendere immediatamente un tavolo di confronto con l’azienda per individuare una soluzione ai problemi che quotidianamente vivono queste persone tra le più deboli e prive di tutele del mercato del lavoro”.

“Rispetto a quanto appreso dalla sentenza del Tribunale di Torino sul ricorso dei sei riders di Foodora, senza entrare nel merito del giudizio, emerge però con forza un dato preoccupante che è sotto gli occhi di tutti: questi lavoratori sono retribuiti da Foodora molto poco ed attraverso una modalità di calcolo che andrebbe approfondita con l’azienda”, commenta a caldo Alessandro Lotti, Segretario generale FeLSA Cisl Piemonte.
“Sarebbe poi interessante, per non dire indispensabile, approfondire anche altre tematiche altrettanto importanti come la copertura assicurativa contro infortuni; inoltre, per quanto la prestazione sia stata già giudicata riconducibile al lavoro autonomo, non mi pare che rispecchi a pieno tale tipologia contrattuale e nemmeno però che possa essere totalmente riconducibile al lavoro subordinato”. Rimarca infine:  “Diventa importante aprire un confronto sindacale con l’azienda sulla natura del rapporto di lavoro attualmente utilizzato e cioè sulla collaborazione autonoma partendo dalla contrattazione, unico strumento che in passato per casi analoghi ha garantito maggiori tutele e prestazioni di protezione sociale”.

“Una sentenza problematica e dal notevole impatto sociale, che mette in evidenza un grave lacuna legislativa intorno al lavoro, alla precarietà e allo sfruttamento che gravita intorno alle nuove piattaforme digitali. Questo vuoto va urgentemente colmato con norme che definiscano con chiarezza il perimetro giuridico a tante migliaia di persone che svolgono nei fatti lavoro dipendente, ma che si trovano senza diritti ai margini del mercato del lavoro”. Così Luigi Sbarra, Segretario Generale Aggiunto della Cisl, ha coomentato la recente sentenza su Foodora. “La via di un aggiornamento legislativo è assolutamente indispensabile. Al binario delle norme e dei provvedimenti, va poi aggiunto quello contrattuale. Dobbiamo costruire insieme un nuovo e specifico spazio negoziale che estenda e rafforzi garanzie e tutele in ordine a salari, contribuzione, malattia, permessi e infortuni. Una battaglia che la Cisl e la nostra categoria del terziario, la Fist Cisl, conducono da tempo, e che impone uno scatto di responsabilità sia da parte delle Associazioni datoriali che del mondo della politica”. r.z.

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