Torino, persi in dieci anni 9 mila posti di lavoro. Viaggio nella crisi industriale della regione (prima puntata)

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Torino Piazza_della_Repubblica,_Torino_-_panoramio_(1) Torino, persi in dieci anni 9 mila posti di lavoro. Viaggio nella crisi industriale della regione (prima puntata)

Torino e il Piemonte stanno facendo i conti con una crisi profonda che coinvolge in modo particolare il settore industriale, ma che non risparmia altri comparti dell’economia locale. Il capoluogo regionale, che è stato riconosciuto “area di crisi complessa” ha visto, in questi anni, il ridimensionamento della propria struttura manifatturiera, a seguito anche di delocalizzazioni, con conseguenze negative sull’occupazione. In dieci anni -tra il 2008 e il 2018- sono andati in fumo più di 9 mila posti di lavoro. E se non dovessero cambiare le cose, altri 3 mila posti, solo nel settore metalmeccanico, sono a rischio, con una netta prevalenza nel comparto dell’automotive.

Dal “Rapporto Giorgio Rota” sulla città, elaborato dal Centro di ricerca e documentazione Luigi Einaudi, emerge che nell’ultimo ventennio, nell’area torinese sono aumentate le piccole imprese con meno di 10 addetti, ma il calo di quelle grandi (-12%) ha prodotto una diminuzione del numero dei lavoratori addetti, al contrario di quanto accaduto nella maggior parte delle metropoli italiane. “In termini occupazionali, rispetto all’inizio del secolo – spiegano i ricercatori del Centro Einaudi – il settore industriale è il più ridimensionato, con quasi un terzo di addetti in meno. In forte calo, più della media nazionale, sono anche i settori dei trasporti e delle costruzioni”.

Per il segretario generale della Cisl torinese, Domenico Lo Bianco: “La perdita di posti di lavoro è la nostra principale preoccupazione. Bisogna uscire al più presto da una lunga e difficile transizione che ha lasciato sul campo (quello del lavoro industriale in particolare) tanti morti e feriti. Ora la città sta cercando di fare sistema su alcuni settori chiave come l’automotive, l’aerospazio e il digitale, puntando sull’innovazione. Oltre a un piano straordinario sulla formazione, per guidare i lavoratori in questi processi di trasformazione e il ricorso a nuovi ammortizzatori sociali per tenerli agganciati agli impianti produttivi, serve più attenzione alle nuove fragilità sociali che emergono dal territorio”.

Torino, da molti anni, risulta essere la città più cassaintegrata d’Italia e i più recenti dati Inps evidenziano un ulteriore aumento delle ore di cassa integrazione straordinaria, a testimonianza delle numerose crisi aziendali aperte. Per questo il riconoscimento di “area di crisi complessa” può rappresentare un’opportunità per invertire la tendenza. Nella sua visita sotto la Mole, il premier Conte – che ha incontrato le istituzioni locali, le forze sociali, tra cui Cgil Cisl Uil di Torino e Piemonte, e un centinaio di lavoratori di aziende in crisi – ha promesso 50 milioni di euro subito (potrebbero essere disponibili già a gennaio 2020 per finanziare misure per piccole e medie aziende) e altri 100 milioni di euro per il finanziamento di ulteriori progetti che verranno presentati.

“Questi soldi – ha detto il premier Conte –, insieme alle risorse di Regione, Comune e privati, servono al rilancio della città nel settore dell’automotive e dell’aereospazio. Torino può diventare il laboratorio italiano ed europeo della mobilità integrata”. Anche la regione si è impegnata a fare la sua parte. Il presidente Cirio ha messo sul piatto altri 50 milioni di euro, da attingere dai Fondi europei, in aggiunta ai 30 già stanziati per il Manifacturing center, che si candida diventare il punto di riferimento in Italia nel settore della manifattura avanzata.

Rocco Zagaria

 

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