La strada per la libertà: la visita al Centro Europeo Solidarnosc

venerdì 22 Settembre 2017 / Attualità
Centro Europeo Solidarnosc
Il Centro Europeo Solidarnosc

Il Centro Europeo Solidarnosc emoziona fortemente i visitatori prima ancora del loro ingresso: ad accoglierli infatti è l’imponente monumento alla memoria degli operai caduti durante gli scioperi degli anni ’70. Costruito direttamente nei cantieri navali, raffigura tre croci metalliche alte più di quaranta metri che reggono il peso di altrettante enormi ancore, simbolo di speranza. Proseguendo, si incontra il Cancello Numero 2, luogo simbolo delle partecipatissime manifestazioni di inizio anni ’80 che avrebbero avviato il tortuoso sentiero verso la libertà della Polonia: impossibile resistere alla tentazione di scattarsi una fotografia in un luogo così pieno di storia e di significati. L’edificio che ospita il Centro Europeo Solidarnosc, di recente costruzione, è color ruggine per evocare gli scafi delle tante navi costruite nel corso degli anni in quell’area.

Panorama dal sesto piano

Prima di iniziare la visita alla mostra permanente, ci concediamo una sosta nel punto più alto dell’edificio. Dal sesto piano si ha un’impareggiabile vista panoramica sui cantieri navali. La mente non può che correre agli anni ’80, quando in quell’area lavoravano più di ventimila persone. La vita aveva loro riservato condizioni di lavoro insopportabili, all’interno di un sistema sovietico sempre più in crisi. Ancora non sapevano che, guidati da Lech Walesa e da Solidarnosc, avrebbero contribuito a scrivere un importante pezzo di storia.

È proprio questa appassionante storia che si dipana all’interno della Mostra: si parte dalla nascita di Solidarnosc, si passa per la fondamentale elezione al soglio pontificio di Karol Wojtyła, si attraversano gli anni bui dello stato di guerra imposto dal Generale Wojciech Jaruzelski, con conseguente clandestinità del sindacato, fino a vedere la luce della democrazia e il trionfo della libertà.
Ogni fase della storia viene raccontata dinamicamente: sono presenti circa duemila “reperti” storici e migliaia di documenti scritti, ma anche fotografie, filmati e installazioni interattive. Non si corre certo il rischio di annoiarsi. La durata media della visita è di tre ore circa, ma si rischia di perdere la cognizione del tempo rapiti dalla bellezza degli allestimenti. Ci si potrebbe passare un giorno intero, senza quasi rendersene conto. La particolare composizione della nostra delegazione conferma ancora una volta il valore dell’intergenerazionalità: i più giovani, abituati ai moderni “badge” e alle fotocopiatrici, sono in difficoltà vedendo per la prima volta un ciclostile o osservando i cartellini che gli operai dei cantieri navali dovevano timbrare all’inizio del turno di lavoro; per fortuna i meno giovani conoscono bene quegli strumenti e possono condividere le loro conoscenze. In cambio, i ragazzi daranno loro una mano con gli allestimenti multimediali interattivi.
Ad ogni passo che si fa, si va incontro ad una nuova emozione: il dolore e la commozione per un ragazzo di vent’anni ucciso dalla repressione del 1970 diventano vivi quando in una teca si osserva il suo giubbotto di pelle ed è ben visibile lo strappo causato dal proiettile che gli costò la vita.
Ci si emoziona nel vedere oggetti legati alla vita degli eroi di Solidarnosc: il carroponte manovrato da Anna Walentynowicz, il cui licenziamento segnò l’inizio degli scioperi; il veicolo usato da Lech Walesa per spostarsi nella vasta area dei cantieri navali per parlare con gli operai; un blindato della Polizia usato nelle azioni di repressione.
Si sorride un po’ sognanti davanti alle tavole di legno su cui sono scritte le ventuno rivendicazioni di Solidarnosc sollevate durante il braccio di ferro col governo polacco.
Ci si scopre a provare paura, rivedendo su tanti schermi televisivi l’annuncio dello stato di guerra nel 1981 e pensando al clima di terrore provato dai polacchi in quei momenti difficili.
La speranza, però, torna a fare capolino rivedendo le immagini della Messa celebrata nel 1987 da Papa Giovanni Paolo II a Danzica: le fotografie che ci circondano cercano di darci un’idea della folla oceanica presente quel giorno e del desiderio di superare la paura e riconquistare il proprio domani.

La fiducia nel futuro è il tema centrale dell’ultima parte della Mostra: la possiamo scorgere nello sguardo determinato di Gary Cooper che in un celebre fotomontaggio preparato in occasione delle elezioni polacche del 1989 non stringe più in mano la sua pistola, bensì la tessera elettorale.

Gary Cooper / Gli aiuti internazionali

La stessa immensa speranza sembra volersi irradiare da un allestimento composto da tanti scatoloni di cartone. Su ognuno di essi è scritto il nome di una nazione: vogliono simboleggiare la solidarietà internazionale, con i tanti aiuti umanitari giunti da ogni angolo del mondo in quegli anni difficili. È proprio davanti a quegli scatoloni che i componenti della nostra delegazione che hanno vissuto attivamente quegli anni si emozionano: alcuni di loro hanno contribuito a riempire interi tir di aiuti alimentari, a volte nascondendo al loro interno anche ciclostili, radio e altre attrezzature indispensabili per le attività clandestine di Solidarnosc. Alcuni hanno accompagnato di persona quelle spedizioni, con la paura di essere scoperti ma anche la sicurezza di fare la cosa giusta.

Prima di uscire incontriamo un muro interamente coperto di bigliettini rossi e bianchi, che vanno a formare la scritta “Solidarnosc”. Ognuno può aggiungere il proprio, dopo averlo personalizzato con una frase o una parola di speranza nel futuro e nella fratellanza tra i popoli. Molti componenti della delegazione vogliono lasciare un loro pensiero, altri lo serbano comunque nel cuore.
È assolutamente impossibile rimanere indifferenti davanti a un pomeriggio come questo. Non si può che provare una grande gratitudine per chi ha allestito questa mostra, dando ai visitatori la possibilità di attraversare dieci anni cruciali di storia in poche ore.
Non si possono descrivere in poche righe tutte le emozioni vissute, così come non si può raccontare di ogni reperto, ogni fotografia, ogni filmato, ogni allestimento che ha catturato la nostra attenzione. Chi ha avuto la fortuna di esserci, però, sa che anche fra molti anni, parlando della storia di Solidarnosc, ricorderà tanti piccoli e meravigliosi dettagli incontrati lì. E come si sa, sono proprio i dettagli che, venendo tramandati, rendono immortali le grandi storie.

Paolo Arnolfo

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