Intervista a Renato Monticone sulla situazione industriale ad Asti

lunedì 22 Agosto 2022 / Focus

Riportiamo un’interessante intervista di Renato Monticone rilasciata al quotidiano “La Stampa”. Monticone figura storica del sindacato Astigiano, ha militato nelle fila dei metalmeccanici della FIM CISL di Alessandria Asti. Nelle righe a seguire troviamo un’attenta analisi della attuale situazione industriale nel territorio astigiano rapportata a quella del passato (anni ‘ 90 – 2000) da cui emergono profonde differenze, in alcuni casi drammatiche.

 

È stato a capo della «tute blu» della Cisl negli anni in cui c’erano ancora operai e industrie. Renato Monticone è stato segretario generale della Fim dal 1994 fino al 2000 ed ha vissuto in prima persona tutti gli sconvolgimenti e le mutazioni che hanno interessato l’industria manifatturiera astigiana e da cui ha preso il via la china che, tutt’ora, non si riesce a risalire.

 Esiste ancora l’industria ad Asti?

«Direi ben poca. Nei primi anni ’90 si parlava di oltre 3 mila operai impiegati su grandi aziende, ora tra fallimenti e licenziamenti si parla solo più di poche centinaia di addetti»

Ma cos’è successo?

«Se si traccia una linea retta da Castell’Alfero a San Damiano scoprirà solo più scheletri di aziende: la Ceset, passando per la Way Assauto per arrivare alla Facit»

I motivi?

«Ci sono state scelte industriali sbagliate vuoi per cattiva gestione o vuoi per volontà esterne con cambi di strategie decisi a livelli di multinazionali. Molte industrie hanno deciso di portare la produzione dove il costo del lavoro è minore, come in Serbia o nella Cina».

Cos’è rimasto?

«È rimasta la Saclà che ha un comparto di nicchia ben definito e sta resistendo bene alla crisi. Tiene ancora il Pianalto, con le industrie villanovesi, e il comparto canellese con il settore enomeccanico».

Asti città?

«La maggiore società astigiana è la Banca di Asti, ma per far girare l’economia di un territorio occorre costruire qualcosa non lavorare con i soldi degli altri».

Come si può invertire la rotta?

«Bisogna puntare sull’imprenditoria di piccole e medie dimensioni che possa mettere sul mercato prodotti di eccellenza».

Un esempio?

«La Way Assauto produceva ammortizzatori. Per tutta una serie di motivi l’azienda è stata acquistata da imprenditori cinesi, ma la vera eredità è passata alla Msa non ai cinesi. Una piccola azienda che ha passato varie vicissitudini prima di essere acquistata da una cordata di imprenditori bresciani. Produce un prodotto di nicchia ma basilare, come gli ammortizzatori per i treni. E, sta reggendo all’urto del mercato».

Le nuove tecnologie legate alla green economy potranno essere d’aiuto?

«È possibile. Se a fronte c’è un progetto che veda legati Comune e Regione nell’innovazione. Altrimenti si rischia grosso. Se, dall’oggi al domani il motore elettrico dovesse sostituire il motÈore a combustione interna, vuoi a benzina o diesel, cosa succederebbe alla Fiat, ora Stellantis? »

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